Presentazione M.Dalai Emiliani - Dicembre 1976 - Mantova
L'INFORMAZIONE
DEFORMATA
Contro la strategia del potere, contro la gestione prevaricante dell'informazione
come strumento di controllo e di integrazione ideologica, niente di più
efficacia che un'arma impropria : una mostra d'arte. L'ipotesi è di Tullio
Brunone, Nives Ciardi,Giovanni Columbu, Ettore Pasculli, Paolo Rosa, un gruppo
di giovani operatori costituitosi in Laboratorio di Comunicazione Militante
a Milano, per esporre i risultati di una indagine visiva sul tema della "
Violenza di Stato ".
L'iniziativa sembra tutt'altro che da sottovalutare, soprattutto per la metodologia
di intervento che ha indicato. Il lavoro di selezione e di analisi dei materiali
presentati si è articolato intorno ad alcuni nuclei tematici che erano
stati individuati come aspetti salienti della violenza istituzionalizzata: i
meccanismi di criminalizzazione del dissenso, o semplicemente del diverso, che
il potere mette in atto con la complicità della scienza borghese e del
sistema giuridico, dalla criminologia di matrice lombrosiana fino alla legge
Reale sull'ordine pubblico; la funzione intimidatoria e alienante di certi simboli
iconici -per esempio la croce, appesa a fianco del ritratto del Presidente della
Repubblica - negli spazi della vita quotidiana; la manipolazione sistematica,
faziosa, ideologica delle notizie nei mezzi di comunicazione di massa. All'interno
di questi ultimi si è operata una scelta di campo, privilegiando, come
oggetto di analisi, la stampa, in particolare i giornali; e, infine, l'interesse
si è concentrato sull'immagine fotografica riprodotta nei quotidiani
ad alta tiratura, come testo su cui intervenire criticamente per farne emergere
la struttura e i complessi livelli di significato in relazione a un concreto
contesto storico-politico.
Certo, per quanto non esplicitato, il richiamo al progetto brechtiano di Abici
della guerra non avrebbe potuto essere più stringente: " ...per
chi non vi è addestrato, leggere un'immagine è difficile quanto
leggere dei geroglifici. La grande ignoranza sui nessi sociali, accuratamente
e brutalmente intrattenuta dal capitalismo, trasforma le migliaia di fotografie
dei giornali illustrati in vere e proprie iscrizioni geroglifiche, indecifrabili
per il lettore sprovveduto ". La mostra ha inteso dare appunto una risposta
ai bisogni del " lettore sprovveduto ", a cui viene offerta una serie
di armi da difesa in forma di modelli di interpretazione, di procedimenti di
decodifica; e direi che l'interesse dell'operazione si è rivelato fondamentalmente
nella qualità e nell'intelligenza di questi strumenti messi a punto.
Si è lavorato, in particolare, in due direzioni : quella del rapporto
parola-immagine, messaggio visivo-messaggio verbale, facendo emergere il nesso
dialettico che si istituisce per il fruitore tra i due momenti e, quindi, lo
spazio di manipolazione consentito e ampiamente utilizzato dal sistema; tutto
questo con il ricorso a tecniche raffinate come lo straniamento, lo spostamento
semantico, la reiterazione di una didascalia esplicativa in calce a immagini
differenti, dalle quali il senso del discorso veniva insieme approfondito e
modificato. Ma soprattutto, si è operato con rigore e con lucidità,
anche sul piano della chiarezza di una lettura " estetica ", sullo
specifico visivo, sui modi di produzione e riproduzione tecnica dell'immagine
fotografica, per rivelare a quali e quanti livelli del processo di rappresentazione
del reale -che è sempre un processo di messa in codice - può scattare
la trappola della distorsione ideologica. Uno stesso volto, una stessa fotografia
: ma basta il taglio lievemente diverso, la diversa collocazione nel foglio
del giornale anche in rapporto ai titoli degli articoli e all'impaginazione
complessiva, basta la diversa qualità del retino tipografico, più
o meno inciso, più o meno sfocato, e l'immagine-documento smentisce la
sua supposta e mistificata oggettività per suffragare versioni divergenti
della stessa notizia riportata da L'Unità, Il Corriere della Sera, Il
Giornale nuovo.
È possibile citare, in questa sede, solo questo, tra i molti esempi,
di un metodo dimostrativo costruito sull'evidenza dell'analisi visuale, o se
si preferisce formale, che si conferma assolutamente indispensabile se è
vero, come del resto i materiali esposti provavano clamorosamente, che "
il consenso al contenuto del messaggio viene catturato indirettamente mediante
il consenso alle forme del linguaggio ".
Un concetto forse ovvio, questo, per il fruitore abituale di messaggi "
artistici ", ignoto invece
agli utenti dei mass-media (e si direbbe, anche a quegli intellettuali esperti
di comunicazioni di massa che hanno potuto tranquillamente impostare la recente
Storia della Stampa Italiana in cinque volumi dell'editrice Latenza senza fare
il minimo cenno, almeno nell'unico volume apparso finora, ai problemi legati
all'illustrazione e alla documentazione visiva). Ma notoriamente, le due sfere,
quella dell'arte e quella della comunicazione di massa, non hanno punti di tangenza;
e se all'interno della prima la sperimentazione sul linguagigo è molto
avanzata, ma assolutamente priva di incidenza sul sociale perchè prigioniera
della separatezza a cui il sistema la condanna in nome di una metafisica autonomia,
nella seconda la gestione del linguaggio e delle tecniche più sofisticate
di informazione e di persuasione è monopolio esclusivo del potere. E'
su questa contraddizione che si innesta il progetto del Laboratorio di Comunicazione
Militante.
MARISA DALAI EMILIANI